- Preparami il caffè. - disse Betty e nella cava a cielo aperto di silenzio che ne seguì il Guardone fu come se fosse colpito da una freccia in volo e precipitasse nel fondo del bidone del suo stesso intrappolamento.
Cocuzza e Ferrofino stralunarono gli occhi e si scambiarono battutine al vetriolo tipo: "Gli ha messo il cappio al collo ormai", o "L'ha intravato il babbeo, è bello secco ormai".
"Beh, e cosa vorresti dire con questo?", replicò acido il Guardone.
"Non mi dicevi fino a un minuto fa che mi amavi?", fece placida Betty.
"Sì, ma...", farfugliò il prof.
"E allora? Tutto il tuo amore s'incaglia sul fatto di prepararmi una semplice tazza di caffè?"
"No..."
"Allora sbrigati..."
Il Guardone sbirciò Betty in tutto il suo fulgore, con uno strano sentimento misto di disprezzo e di adorazione. La scienza filosofica era muta davanti a tutto questo immobile e silenzioso ardore.
"Alla paranoia una pastiglia di zucchero basito", disse Cocuzza.
I latini correvano sempre al caffè, i teutonici invece giocavano sempre con gli incrociatori atlantici con la vaga mira di bombardare nientemeno Buenos Aires e Bahia.
Gli ammiratori di Betty che sempre stazionavano per strada si diedero per vinti e se ne andarono a casa, tristi e fasulli e senza protestare per nulla.
"Ahi, disse il Guardone. E io che credevo che le maestre di eros fossero delle anime belle e buone".
"Hai capito?, disse Ferrofino. Pensava che non fosse una signora".
GD ANGELILLO
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